Biblio 3W. Revista Bibliográfica de Geografía y Ciencias Sociales
Universidad de Barcelona [ISSN 1138-9796] 
Nº 195, 9 de enero del 2000 

Turismo, cura di se’ e immaginazione cognitiva

Giacomo Corna-Pellegrini



Nota del Consejo de Redacción


Abstract

L’ immaginazione è un elemento significativo per tutto ciò che gravita attorno al fenomeno turistico. Essa costituisce un utile strumento cognitivo nei confronti delle potenziali attrattive turistiche e, per questa via, può divenire un mezzo per la cura di sè, nell’ avvicinarsi o nel prendere le distanze dalle diverse mete turistiche possibili. Si immagina ciò che ci si attende di incontrare. Si immagina ciò che non si potrà mai vedere. Importante è l’ immaginazione soprattutto per dare una lettura interpretativa e una decodifica della realtà che si incontra. Naturalmente, punto di partenza d’ ogni immaginare è la disponibilità di qualche informazione, ma ad essa molto può aggiungere la capacità e l’ allenamento a renderla più completa attraverso la fantasia o cercando di percepire lo sguardo altrui della realtà. 


L’ immaginazione è un elemento significativo per tutto ciò che gravita attorno al fenomeno turistico. Merita esaminare alcuni caratteri che essa assume come strumento cognitivo nei confronti delle potenziali attrattive turistiche e, per questa via, come mezzo per la cura di sè.

Anzitutto si può rilevare come, al formarsi di ogni proposito di attività turistica, si ponga prioritariamente una qualche immagine di ciò che il turista si aspetta di incontrare durante l’ esperienza di viaggio o di soggiorno che lo attende. Come si sia formata questa visione è legato a molti fattori informativi, tra cui certamente anche l’ immagine standard (così potremmo definirla) che un tale luogo o un tale viaggio ha acquisito nell’ immaginario collettivo. Rimini, ad esempio, richiama subito l’ immagine di una villeggiatura di massa. Perù o Egitto fanno pensare invece ad un viaggio culturale e archeologico. Ma anche altri fattori si aggiungono e si interpongono a modificare ciò che il singolo fruitore effettivamente immagina dei luoghi ove si appresta ad andare: i racconti di un amico, una lettura meno tradizionale, un evento della cronaca che abbia posto in luce qualche carattere particolare dei territori da visitare.

L’ immaginazione parte sempre, comunque, da alcuni dati di fatto (notizie, immagini del più vario genere, racconti), ma di lì procede con fantasia nel costruire paesaggi e incontri possibili, che spesso neppure l’ interessato si rende ben conto da dove procedano. Talora l’ elaborazione intellettuale e psicologica intorno all’ oggetto turistico del proprio desiderio continua per mesi, arricchendosi di particolari e di attese che possono differire sempre più dalla realtà che sarà incontrata. Ma immaginare è già, per molti versi, sperimentare, godere e vivere ciò che si attende di incontrare. Anche per l’ immaginazione turistica (come del resto per molti altri aspetti della vita) vale qualche volta l’ avvertimento di Shiller: "Val più la caccia della preda".

A questo proposito già si pone una prima possibilità di utilizzare l’ immaginazione turistica come strumento per la cura di sè. Ciò richiede qualche impegno nel raccogliere spunti sufficenti affinchè l’ immaginazione si ponga in moto; esige anche si raggiunga una certa concentrazione nel visualizzare (ovviamente immaginando) non solo i caratteri generali dei luoghi da visitare, ma piuttosto alcune loro analitiche componenti. Entro ad esse si può collocare virtualmente se stessi, reagendo con il piacere, la fatica o la delusione che quegli aspetti del turismo potranno eventualmente dare.

Questa pratica psico-geografica è molto utile soprattutto per evitare esperienze difficili, che comunque ogni esperienza turistica può dare. Basti pensare, per esempio, alle inevitabili attese che ogni viaggio comporta: in aeroporto; nell’ assegnazione di una camera d’ albergo; per il ritardo all’ appuntamento da parte di un componente del gruppo. Averne precisa consapevolezza già prima di partire da casa, evita la sorpresa e il disagio di incontrare queste difficoltà sul proprio cammino come se fossero impreviste. Insomma: immaginare qualche aspetto negativo del viaggio è già, in parte, esorcizzarlo e diminuirne l’ impatto.

Parallelamente si può invece immaginare il piacere del fare turismo. Così come il ricordo di un viaggio piacevole introduce nella quotidianità un elemento di sollievo alla ripetitività di una vita forse abitudinaria, altrettanto si può dire della preventiva immaginazione di un’ esperienza turistica in programma. Anche in questo caso bisogna però andare oltre gli stereotipi che la pubblicità o altri media offrono. Occorre fare mente locale a modalità più analitiche e personali di futuro approccio ai luoghi e alle persone che si incontreranno. Immaginare un viaggio a Venezia, ad esempio, diventa fonte ben più precisa di piacere quando il pensiero vada alle sensazioni che si proveranno camminando lungo qualche calle solitaria; per qualche altro sarà, invece, l’ emozione di trovarsi al centro del Carnevale veneziano. La Venezia da cartolina è soltanto la porta d’ ingresso di un’ avventura che ognuno può realizzare personalmente già col pensiero.

Immaginare un viaggio, o ricordarlo, assume allora valore del tutto simile al piacere di leggere un buon romanzo o assistere ad un film avvincente. In una certa misura, ci si traspone in un altro tempo, un altro luogo e un’ altra vita, assumendo una buona parte degli stimoli e delle percezioni che essa può dare.

Qualche volta la cura di sè imporrebbe invece di rinunciare a viaggiare e limitarsi soltanto ad immaginare di farlo. E’ questo il caso di chi con troppa leggerezza si avventura senza preparazione in realtà difficili da affrontare. Sottovalutare le difficoltà organizzative, climatiche o umane di un viaggio dipende dal non averlo adeguatamente immaginato in quei dettagli e in quei particolari che pure era possibile intravedere. Ciò non significa evitare ciò che è inevitabile, cioè l’ imprevisto (che fa parte importante di ogni viaggio), ma invece ridurne le possibilità sgradevoli o pericolose.

L’ aspetto forse più importante dell’ immaginazione nell’ esperienza turistica riguarda la lettura interpretativa che essa necessariamente accompagna l’ incontro con un paesaggio, monumento, gruppo sociale o singola persona. La vista e l’ approccio di una meta turistica, qualunque essa sia, trasmette un senso di novità che già di per sè rappresenta un fatto significativo; un elemento ulteriore di interesse può risultare il godimento estetico o psicologico che quell’ incontro consenta; ma un terzo e altrettanto importante momento è quello di una comprensione più profonda della realtà con la quale si è venuti a contatto. E’ quanto riguarda la decodifica del paesaggio antropo-geografico incontrato e delle sue componenti.

Avvicinandosi alle piramidi di Giza è impossibile non provare il senso della loro eccezzionalità. Difficile è anche non restare ammirati e stupiti per la bellezza del paesaggio che esse configurano. Altrettanto significativo è, però, immaginare il significato sacrale e sociale che esse hanno avuto nella storia dell’ Egitto; le modalità tecniche con le quali sono state costruite, in epoca ben lontana dalla tecnologia industriale moderna; infine i protagonisti umani di quelle straordinarie costruzioni. Insomma, per apprezzare appieno quelle realtà bisogna conoscerne in qualche misura la storia, e al suo interno immaginare quanto di essa resta ancora oscuro e misterioso. Basti pensare, ad esempio, che sulle modalità costruttive delle piramidi ancora sussistono teorie tra loro abbastanza diverse.

Chi vada a New York, dopo aver alzato gli occhi a percepire la cima dei grattacieli, trova ulteriore interesse nella comprensione del come essi sono realizzati, perchè proprio lì, e perchè così concentrati: molti documenti aiutano, ma l’ immaginazione è importante per avvicinarsi e fare propria quella realtà. Tra alcune tribù del Borneo, ancora alllo stato primitivo, si avverte pure altrettanto viva la voglia di capire come e perchè abbia lì vinto, invece, la ripetitività. Immaginare la diversa e variatissima modalità evolutiva dei vari popoli e dei vari territori della Terra è uno dei momenti forti di ogni esperienza turistica. L’ arricchimento che ciò comporta per chi lo realizzi è un aspetto molto bello della cura di sè.

Un diverso aspetto dell’ immaginazione turistica attiene l’ impossibilità, in qualunque viaggio, di vedere ogni cosa e di raggiungere ogni meta; quindi l’ opportunità di immaginare sapientemente ciò che non si abbia il tempo o la possibilità di raggiungere. Anche in questo caso bisogna partire da qualche informazione (guide, carte geografiche, racconti) e riuscire a tradurla in immagini mentali più precise, valutando gli ostacoli o le fatiche (fisiche, pecuniarie o altre) che si frappongono al raggiungimento dei luoghi da raggiungere. Solo da un corretto bilancio costi-benefici può discendere la scelta di rinunciare ad una meta, oppure di perseguirla ad ogni costo.

L’ alternativa può essere particolarmente difficile se vi siano da affrontare rischi o pericoli lungo il proprio itinerario di viaggio. Chi va in montagna o va per mare, ad esempio, dovrebbe sempre avere capacità di immaginazione sufficente a valutare i rischi che corre, confrontandoli con la soddisfazione o il piacere che potrebbe offrire l’ esperienza da intraprendere o addirittura già parzialmente intrapresa. Ancora più semplicemente: chi guida un’ automobile dovrebbe sempre aver presente l’ immagine di ciò che accade quando, per imprudente sottovalutazione dei rischi connessi alla velocità o ad altro, qualcosa non funzioni. Immaginare per vivere può essere addirittura lo slogan di una campagna pubblicitaria per la prudenza nelle strade, come suggeriscono le gigantografie di incidenti stradali poste a monito per chi guidi.

L’ immaginazione può - d’ altro canto - moltiplicare l’ esperienza del viaggio quando si avvalga dell’ apporto di punti di vista diversi dal proprio. Ascoltare o trasmettere tra compagni di viaggio le impressioni che esso suscita in ciascuno è un modo semplice per immaginare e capire secondo una diversa prospettiva gli stessi oggetti o le stesse persone che si sono appena incontrate. Ciò esige, naturalmente, una reciproca attenzione a ricevere e a trasmettere immagini e pensieri che ognuno ha elaborato attraverso l’ esperienza del viaggio. Porsi nello sguardo altrui è un mezzo utile per moltiplicare la propria immaginazione e cogliere prospettive più vaste e forse più complete delle realtà incontrate.

Saggezza dovrebbe essere esercitata, da ogni turista, anche nell’ immaginare che cosa pensi o possa pensare di lui chi lo accoglie nel proprio Paese o nel proprio villaggio. Già la buona creanza detta comportamenti di rispetto per i propri ospiti, ma ancor più giova l’ intuizione e l’ immaginazione di quale effetto possa produrre su di essi il nuovo venuto, il suo abbigliamento, il suo modo di fare, il suo modo di spendere il denaro, e così via. Spesso basta a sollecitare tale imaginazione la profonda differenza di aspetto e di situazioni in cui si trovino i turisti e i propri ospiti. In altri casi, qualche informazione in più sulla cultura delle persone che si incontrano può invece facilitare l’ immaginazione degli effetti che la propria presenza produca su chi si incontra.

La cura di sè è un dovere e una necessità primaria per ogni persona. Una capacità e volontà immaginativa ben indirizzata può renderne più facile la realizzazione. Nell’ esperienza turistica si danno molte occasioni significative per affinare queste modalità del vivere. Una volta acquisite, esse tendono però anche a trapiantarsi opportunamente nella vita quotidiana. Si può ottenere così un allargamente permanente delle proprie conoscenze, delle proprie sensibilità e dei propri rapporti con il mondo esterno. La cura del proprio paesaggio interiore diventa una modalità per aumentare (e sperabilmente anche per migliorare) le esperienze realizzabili al di fuori di noi. L’ immaginazione si fa cognitiva, e può diventare uno strumento permanente per vivere meglio.
 

Nota del Consejo de Redacción
 

Estas reflexiones del profesor Corna-Pellegrini proceden de un geógrafo que ha publicado diversos libros de viajes y ha dedicado amplias reflexiones a la experiencia personal del viaje y a la observación del paisaje natural y antrópico durante su realización.

Una valoración realizada por el mismo sobre el papel del viaje en el estudio geográfico puede verse en su libro:

La geografía como desiderio de viaggiare e di capire, Milano: Unicopli, 1998 (Biblio 3W, nº 111)

Entre los libros que más específicamente reflejan el desarrollo de un viaje destacamos estos dos:

In Australia con Pepita, Milano: Unicopli, 1997.

Conocersi viaggiando, per essempio tra New York e il Nuevo Messico, Roma: Meltemi, 1999.

Como ha escrito en este último libro, "un viaje es siempre una ocasión para comprenderse un poco mejor a uno mismo, conocerse bajo nuevas perspectivas, ponerse acaso en discusión, a través de percepciones y observaciones nuevas"; a través del viaje "se establece también una relación nueva entre el viajar y el vivir cotidiano".
 

© Copyright Giacomo Corna-Pellegrini  2000
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