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Biblio 3W. Revista Bibliográfica de Geografía y Ciencias Sociales
Universidad de Barcelona [ISSN 1138-9796] 
Nº 201, 25 de enero de 2000 

Migrazioni, Etnicità, e Storia Mondiale: Prospettive dal Nord-America.

Bruno Ramirez
Université de Montréal



Sarebbe difficile, se non impossibile, riflettere oggi sulle prospettive della storia delle migrazioni senza tener conto dei progressi compiuti in questa disciplina nel corso dell'ultimo ventennio. Non é mia intenzione fare un bilancio di tali progressi; bilanci del genere si susseguono sempre più frequentemente da qualche anno a questa parte, tanto sul versante storiografico canadese che su quello statunitense.1 Mi sembra più utile invece partire da una premessa che mette l'accento sul carattere qualitativo più che su quello quantitativo di tale progresso: si tratta del grado di legittimità scientifica che la storia delle migrazioni ha raggiunto nella professione storica, sia in Canada che negli Stati Uniti . In questi ultimi anni, infatti, le conoscenze storiche prodotte da più di un ventennio di ricerche si sono tradotte in lavori di sintesi di indiscutibile successo,2 e sono penetrate sempre più insistenti in molti manuali di storia adottati nell'insegnamento universitario e secondario.

Un'altra importante misura di tale leggittimità consiste nell'interesse crescente che le maggiori riviste storiche Canadesi e Statunitensi manifestano per il tema dell'immigrazione, accogliendo sempre di più nei loro numeri saggi originali e segnalazioni bibliografiche, inserendo il tema delle migrazioni in più ampi dibattiti storiografici, e includendo specialisti della disciplina nei loro comitati redazionali.3

Il risultato più tangibile di questo processo di legittimazione é che oggi il tema dell'immigrazione (al quale, come vedremo, si é sempre più associato quello delle relazioni inter-etniche) é diventato parte integrante della "storia nazionale" dei due paesi nord-americani. Per quanto riguarda il Canada, questo processo é stato fortemente favorito dalla politica del multiculturalismo, ufficialmente varata e messa in atto sin dall'inizio degli anni 70.4 Negli Stati Uniti, malgrado il valore mitico che l'immigrazione ha sempre assunto nella cultura popolare del paese, la sua leggittimazione storiografica é stata più travagliata, resa tale soprattutto dal susseguersi di forti paradigmi interpretativi di ispirazione nazionalista ( dalla scuola della frontiera a quella del consensus) intorno ai quali si é orientata fino agli anni 60 gran parte della produzione scientifica e si sono spesso articolati i dibattiti storici sul significato dell'esperienza americana. Ma come ne ha recentemente reso atto la storica Joyce Appleby nella sua allocuzione presidenziale al Congresso dell'Organization of American Historians (1992), i vari paradigmi interpretativi che in un modo o in un'altro avevano finora contribuito a rafforzare la tesi dell'eccezionalismo americano e a promuovere cio' che essa ha definito "the monolithic myth of American success",5 apparivano all'inizio degli Anni 90 fortemente contestati dal recente ciclo di produzione storiografica una delle cui tendenze é stata di valorizzare la diversità culturale come dinamica principale dell'esperienza americana. Anche se in modo indiretto, un ruolo di primo piano in questa opera di revisionismo storiografico veniva giustamente assegnato agli storici dell'immigrazione, per aver saputo dimostrare che al di là delle coperture ideologiche che inevitabilmente accompagnano i paradigmi interpretativi, vecchi e nuovi, "there was also life - Irish, Italian, Jewish immigrants successively occupying neighbourhoods and recoding neighbourhood cultures...Polish housewives juggling their New World opportunities with their husbands' definitions of property."6 L'allocuzione della Appleby assumeva tutto il significato di un 'colpo di grazia' all'idea dell'eccezionalismo Americano, idea che aveva occultato "...the historic diversity of the United States in deference to an imagined time when progressive, cumulative, irreversible processes of change would have worn away the variety in human experience".7 E le sue parole conclusive costituivano un invito ad un'opera collettiva di riconcettualizzazione che non potrebbe non valorizzare ulteriormente la storia dell'immigrazione: "E pluribus unum is an ideal; it is not a description of American life in any period. Free of that restricting ideological imperative, we can now set out to recover the historic diversity of our past."8

Mi é sembrato essenziale fare questa premessa, poiché la legittimazione scientifica a cui ho fatto cenno, lungi dall'essere il prodotto di cambiamenti di moda storiografica, é il risultato cumulativo di ricerche e analisi storiche che hanno saputo interagire con gli sviluppi metodologici e concettuali avvenuti nelle scienze sociali e in alcuni settori specializzati della storia. Di conseguenza, la storia dell'immigrazione, cosi' come essa é sempre più praticata negli Stati Uniti o in Canada, poggia su una utilizzazione più vasta e creativa di fonti archivistiche e statistiche, e di metodi quantitativi e qualitativi che hanno fatto di essa non solo uno dei rami più dinamici della storia sociale, ma hanno anche contribuito a porre i fenomeni migratori e etnici al centro dei vari campi specializzati della storia, come la storia demografica, la storia urbana, la storia operaia, la storia delle donne e della famiglia, la storia dei movimenti sociali e politici, e via di seguito.

La conclusione principale che si puo' trarre da questa premessa é che la legittimazione della storia dell'immigrazione nell'ambito delle storiografie nazionali dei due paesi ci sembra ormai uno sviluppo irreversibile. Si tratterà di vedere allora lungo quali prospettive la storia dell'immigrazione si muoverà negli anni a venire, e fino a che punto e in che modo essa saprà partecipare all'elaborazione di nuovi paradigmi interpretativi.

Per meglio affrontare questi quesiti, puo' apparire utile identificare all'interno di cio' che genericamente è stata designata come "immigration history" delle tendenze o delle problematiche specifiche intorno alle quali la storiografia di questi ultimi anni si é articolata. Questo é necessario anche perché il modello che ha prevalso durante gli anni 70 e 80 (il "community study" inteso come studio di un singolo movimento migratorio che implicava una singola etnia) sembra oggi lasciare sempre più spazio a degli approcci che situano i fenomeni migratori in contesti geopolitici e sociali più vasti e complessi.

L'altro motivo é che, come vedremo, ciascuna di queste tendenze privilegia delle problematiche specifiche, che a loro volta impongono al ricercatore l'impiego di particolari strumenti metodologici e strategie di ricerca.
 

Per una sociografia storica dei movimenti migratori.

La prima di queste tendenze é quella che io trovo utile definire "sociografia storica". A questo livello, il fine principale della ricerca storica é di ricostituire i movimenti delle popolazioni migranti, cosi' come essi si sono articolati nel tempo e nello spazio. Si tratta di andare al di là delle ricostituzioni -utili ma spesso troppo generiche- effettuate in passato per lo più da economisti e demografi storici, e basate spesso su dati statistici aggregati. Va subito precisato che questa dimensione "sociografica" é spesso contenuta (se non implicita) in molti lavori che hanno adottato il modello del "community study", nel senso che i processi di inserzione di una data popolazione immigrata nella società ospite sono preceduti da uno studio più o meno approfondito dei luoghi di origine e dal tentativo di misurare la consistenza numerica di tale movimento.9 Allo stesso tempo, l'approfondimento concettuale del fenomeno migratorio e la crescente disponibilità di nuove fonti archivistiche hanno permesso in questi ultimi anni di realizzare delle ricerche sociografiche di grande precisione e di porre questa dimensione della storia delle migrazioni su più solide basi empiriche.10A tal punto che questi sviluppi potrebbero, in un futuro non troppo lontano, contribuire a rendere questa dimensione sociografica quasi un corpus storiografico distinto all'interno della storiografia delle migrazioni. Concetti come, ad esempio, quello di "migration fields", o di "catena migratoria", o di emigrazione "di ritorno", abbinati alla disponibilità crescente di fonti documentarie che forniscono informazioni sugli emigranti su una base nominativa (permessi di nullaosta, liste di passeggeri, certificati di transito attraverso la frontiera canado/statunitense, liste nominative di vari tipi di censimenti, etc), ci stanno permettendo di interpretare con maggiore precisione l'articolazione spaziale e temporale dei movimenti migratori e la composizione demografico-professionale delle popolazioni immigrate. Come accennato in precedenza, questo tipo di ricerca sociografica richiede delle strategie di ricerca ben precise e l'utilizzazione di strumenti metodologici appropriati al caso specifico. Probabilmente, la più comune tra queste é la ricostituzione longitudinale di gruppi di popolazioni immigrate, operazione che richiede tecniche di intreccio (jumelage) di vari tipi di fonti nominative, in modo da poter seguire nel tempo e nello spazio uno o più individui immigrati, e cosi' penetrare nel movimento a livello microstorico.

Malgrado il suo carattere sempre più specializzato, c'é da auspicarsi che questo lavoro sociografico non finisca per costituire un fine a sé stesso, ma che piuttosto esso contribuisca ad approfondire oltre che le conoscenze del fenomeno migratorio, anche quelle relative al quadro socioeconomico e politico più vasto all'interno del quale un dato movimento si inserisce.

Le possibilità (e di conseguenza, le prospettive) su questo piano di ricerca sono numerose. Penso ad esempio, all'utilità di questo tipo di lavoro sociografico nel mettere in rapporto movimenti migratori interni e movimenti transnazionali.11 Come si sà, questo rapporto --finora poco studiato dagli storici dell'immigrazione in Nordamerica-- nasconde in sé una folta serie di risposte riguardo ai processi di formazione dei mercati del lavoro transnazionali e regionali, e agli svariati modi in cui, nei maggiori centri urbani nordamericani, é avvenuto l'incontro (non solo nei mercati di lavoro ma anche negli spazi culturali) tra popolazioni rurali indigene e popolazioni immigrate. Penso inoltre alle possibilità di ricerca (già avviate in alcuni paesi) nel ricostituire filières migratorie di certi mestieri e professioni specifiche - lavoro che spesso richiede studi longitudinali a livello nominativo ed elaborate tecniche di intreccio di fonti attraverso vaste aree regionali e transnazionali.12 Per dare un'altro esempio, non mi sembra inopportuno citare il progetto sociografico su cui un'équipe dell'Université de Montréal é da qualche anno impegnata: attraverso un utilizzo sistematico dell' "Index to Canadian Border Entries" (l'insieme dei moduli riempiti dagli agenti di immigrazione statunitensi per ogni individuo che entrava negli USA dal Canada, e recentemente resi disponibili su microfilm), la ricerca mira a tracciare i movimenti emigratori dal Canada verso gli Stati Uniti avvenuti durante la prima metà del XXo secolo, e a ricostituire con la massima precisione finora possibile i suoi flussi, le sue articolazioni regionali e continentali, nonché le caratteristiche demografiche, professionali e etnoculturali di queste popolazioni --il tutto in chiave comparativa.13

Ma forse, l'apporto principale che le nuove ricerche di carattere sociografico potranno dare allo studio del fenomeno migratorio é quello di riuscire a rendere più visibile e dinamico il rapporto tra il carattere macrostorico e quello microstorico implicito nei movimenti migratori.
 

Al di là del "community study".

Assieme alla sociografia storica, uno degli sviluppi più importanti della recente storiografia delle migrazioni é la dimensione etnoculturale-- dimensione che ha conosciuto il suo maggiore approfondimento nei "community studies". In parte questo sviluppo é stato favorito dal clima pluralista che si é manifestato -anche se in modi ambigui e strumentali- nelle società civili nordamericane. La risultante valorizzazione pubblica della diversità etnica soprattutto a partire dagli anni 70 ha, di conseguenza, reso lo storico molto più ricettivo alle particolarità culturali delle minoranze etniche e più attento a cogliere il ruolo dinamico della cultura nelle strategie di adattamento. Nei migliori dei casi, l'analisi di una data minoranza etnica nel contesto nordamericano ha quindi costituito un prolungamento dello studio dei processi migratori; si é trattato spesso di ricostruire le articolazioni interne di una data minoranza, identificando le modalità di insediamento e l'emergenza di spazi geografici e culturali all'interno dei quali si é costituito un dato universo etnico. Una particolare attenzione é stata progressivamente rivolta al bagaglio culturale che l'immigrato si porta dietro e che spesso funge da risorsa individuale e collettiva nel costante confronto con una nuova realtà materiale e istituzionale.

Malgrado l'evoluzione che il modello del "community study" ha conosciuto all'interno della storiografia dell'immigrazione, alcuni dei suoi limiti sono stati segnalati da vari commentatori. A parte le critiche a quegli studi che non erano riusciti a liberarsi completamente dal paradigma assimilazionista,14 le critiche più recenti hanno sottolineato il pericolo che questo approccio tenda a isolare il campo di studio da fenomeni più vasti della società ospite, rinchiudendo la produzione che ne risulta in una specie di ghetto storiografico (spesso definito col nome di "ethnic history").15 Oppure, il fatto che prendendo come soggetto di studio una comunità etnoculturale tutta intera, si corre il rischio di produrre visioni mistificatorie di questa comunità -nel senso che gli aspetti di armonia, solidarietà e stabilità minimizzano quelli di conflitto, dissenso e precarietà.16 Un'altro tipo di critica, implicitamente o esplicitamente articolata, é contenuta in quelle iniziative di ricerca che adottano un metodo comparativo, allargando il campo di studio a due o più gruppi etnoculturali, in modo da cogliere le particolarità che avrebbero caratterizzato ciascuno dei gruppi nei loro processi di inserzione e di adattamento alla società di accoglienza.17

Ma forse la critica che probabilmente avrà il maggiore impatto nel riorientare questo campo di studi è basata sull'utilizzazione spesso ambigua che molti "community studies" fanno della categoria "etnicità". É stata infatti una pratica corrente tra molti storici dell'immigrazione in Nordamerica di utilizzare tale categoria come sinonimo di cultura di origine tout court, e quindi adottare implicitamente una visione primordialista del concetto. Inutile sottolineare come una tale visione possa esser divenuta funzionale al paradigma assimilazionista (l'immigrato che cessa di essere un' "etnico" e diventa un Americano o Canadese una volta del tutto sbarazzatosi della sua etnicità originaria).

Come si sà, i dibattiti che si sono susseguiti nelle scienze sociali circa il significato e il carattere della categoria "etnicità" , anche se un po' tardivamente, sono penetrati nell'universo concettuale della storia dell'immigrazione.18 In Canada, il primo storico a esprimere l'urgenza di una riconcettualizzazione dell'etnicità é stato Robert Harney. Per Harney, infatti, l'utilizzo storico di tale categoria aveva un senso solo se essa era colta nella sua dimensione processuale. Quindi, il suo ripetuto invito a servirsene --sia per chi adottasse un approccio di community study che in una prospettiva più vasta di relazioni interetniche-- come manifestazione e barometro di mutamento sociale.19 Harney non si limito' a cogliere il carattere dinamico dell'etnicità in studi storici, riguardanti, ad esempio, il fenomeno del padronismo, l'emergenza di un "ambiente" come spazio dinamico etnoculturale, o i processi che hanno contribuito a plasmare l'universo urbano di metropoli come Toronto;20 nei suoi ultimi scritti, la critica che Harney condusse contro la versione primordialista dell'etnicità coinvolgeva anche il tipo di pluralismo promosso dalla politica canadese multiculturalista. Sebbene concepito e promosso come un'alternativa al modello assimilazionista statunitense, il multiculturalismo canadese, agli occhi di Harney, implicitamente legittimava la visione primordialista dell'etnicità, e di conseguenza metteva in moto processi di etnogenesi che essenzialmente servivano i fini politici della classe dominante e delle elites etnoculturali. Nei suoi scritti si profilo' quindi sempre più netta la distinzione concettuale tra 'gruppi etnici' e 'immigrati'-- due 'soggetti' storici che impongono al ricercatore consapevolezza concettuale e strumenti metodologici appropriati. In un suo saggio postumo (scritto nel l987) nel quale egli analizzava l'universo Italo-Canadese dell'Ontario degli anni Ottanta, questa distinzione é espressa senza mezzi termini: "Ethnic groups, in the end, unlike immigrant collectivities, are made, not born; they are artifices, quasi-polities within which clergy, politicians, notables, middle-class brokers and entrepreneurs, visiting old-country intellectuals, consuls, and government officials from the sending countries, and organic intelligentsia of the Left and Right struggle to attain hegemony over the emergent ethnocommunity's discourse. The immigrant often lives in a whirl of conflicting or mutually unintelligible written, spoken, and semiotic texts which guide him in his choices of loyalty, identification with group, and intensity of ethnoversion."21 Attraverso i saggi, le critiche e le polemiche di Harney--anche se articolati in modo non sistematico e a volte contraddittorio-- si hanno tutti gli elementi che permettono di approdare ad una visione strumentale dell'etnicità, costellata di ricchi spunti analitici e programmatici.

Nel frattempo, alcuni storici statunitensi, come Kerby Miller, John Bukowczyck, e Gary Girstle, mostravano attraverso dei solidi studi empirici il potenziale interpretativo della categoria etnicità allorché essa é inserita in un preciso contesto storico e concepita come costruzione sociale atta a raggiungere determinati fini politici. Per gli Irlandesi Cattolici studiati da Miller, la definizione di "American Irishness" serviva non solo a valorizzare in seno alla società civile americana la minoranza bianca senz'altro la più discriminata e stigmatizzata del XIXo secolo; ma anche a inquadrare e controllare una classe operaia la cui militanza e combattività investiva sia la classe padronale che i ceti dirigenti Irish-American.22 Nello studio di Bukowczyck venivano ricostituiti i processi di ridefinizione di un'identità comunitaria attraverso un'analisi rigorosa delle strategie messe in atto dalla leadership polacco-americana.23 E Gary Girstle mostrava in modo convincente come le varie definizioni di "americanismo" che le comunità operaie franco-americane di Woonsocket (Rhodes Island) hanno costruito tra gli anni l920 e l960 erano decifrabili solo se inserite nei profondi mutamenti sociali, economici e politici avvenuti durante quegli anni.24

Questo riorientamento concettuale riguardante l'utilizzo storico della categoria etnicità riceveva un'importante affermazione in un testo che acquistava tutto il significato di un 'manifesto programmatico': mi riferisco alla Relazione presentata al Congresso Internazionale delle Scienze Storiche tenutosi a Madrid nel l990, nel quale alcuni dei maggiori storici statunitensi dell'immigrazione sancivano il valore storico-scientifico della visione strumentale dell'etnicità, e ne auspicavano l'utilizzo nelle future ricerche.25 Occorrerà un dibattito più approfondito tra storici che operano su contesti simbolici e strutturali svariati prima di potere assegnare all'etnicità-come-invenzione un valore paradigmatico.26 All'interno di questo dibattito, due aspetti meritano di essere particolarmente seguiti per il loro potenziale di porre su basi più solide la costruzione di nuovi paradigmi interpretativi: uno é il rapporto tra etnicità e gender- dibattito in gran parte sollevato da storiche che lavorano sulla scia del femminismo,27e l'altro é il rapporto tra etnicità e classe --rapporto col quale parecchi storici (e non solo in Nordamerica) si sono misurati. 28 Sembra comunque chiaro a chi scrive che, a giudicare dai lavori storici appena accennati (e da altri purtroppo tralasciati in questa sede), una revisione cosi' radicale della categoria etnicità non puo' non aprire importanti prospettive di analisi storica. Sul piano metodologico, tale revisione costringerà lo storico a muoversi su un terreno pluridisciplinare molto più rigorosamente di quanto sia avvenuto in passato. Sul piano concettuale, essa dovrebbe produrre un notevole approfondimento dei processi identitari cosi' come essi si sono manifestati attraverso le varie generazioni e approdare a una utilizzazione più chiara e articolata del concetto di cultura; il ché dovrebbe permettere di meglio scomporre nelle sue varie componenti di classe, di gender e generazionali cio' che troppo spesso viene genericamente designata come "comunità etnoculturale". Probabilmente, il risultato principale sarà una lettura molto più politicizzata dei fenomeni di acculturazione, visto che i processi di etnicizzazione, lungi dal coinvolgere esclusivamente le constituencies immigrate, creano interlocutori nei settori egemonici della società civile e tra gli apparati organizzati (partiti politici, vari livelli di governo) che gestiscono il potere.29

Un'ultima riflessione su questo argomento mi é dettata dall'irruzione che la categoria etnicità come categoria politica ha fatto in questi ultimi anni sulla scena mondiale, dove un numero crescente di conflitti militari e di guerre civili hanno messo in rilievo l'enorme forza aggregativa del sentimento di appartenenza etnica. A livello Nordamericano, penso al clima altamente politicizzato che i dibattiti intorno al multiculturalismo (versione statunitense) hanno acquisito di recente negli USA, in gran parte dovuti anche alla radicale ricomposizione etnoculturale della popolazione in seguito ai nuovi flussi immigratori. Quanto al Canada, la visione strumentale del concetto di etnicità dovrebbe aiutarci a non limitarne il suo utilizzo allo studio di minorità immigrate, ma ad orientarlo, come chiave interpretativa, verso uno dei maggiori leitmotifs della storia nazionale canadese: il conflitto costante e spesso drammatico tra i due cosidetti "popoli fondatori"(Canadesi-Francesi e Canadesi-Inglesi).30

É chiaro, comunque, che un'aspetto che accomuna le due società nordamericane é costituito dalla radicale ricomposizione etnodemografica in corso da qualche decennio e che sembra destinata a protrarsi, se non ad accentuarsi, negli anni a venire. In ambedue i paesi, questa ricomposizione é alla base di grossi e spesso angosciosi dibattiti pubblici nei quali riemerge costantemente il tema dell'identità nazionale e della capacità dello stato-nazione di gestire una diversità etnoculturale che minaccia di innescare imprevedibili forze centrifughe. Prospettiva, questa, che potrebbe condurre, a sua volta, verso progetti di società che cercherebbero in nuove edizioni di nazionalismo l'unica via di salvezza.31 Questo contesto offre allo storico dell'immigrazione e dell'etnicità un'opportunità unica di intervenire nei dibattiti pubblici, spesso monopolizzati da politologi, sociologi, demografi, o 'storici politici'. Le prospettive di medio e lungo termine che lo storico puo' offrire riguardo i fenomeni migratori ed etnici contribuirebbero a rendere i dibattiti meno emotivi e apocalittici, e iniettare le necessarie dosi di realismo storico che potrebbero agire da antitodo contro il nativismo e la xenofobia --sempre presenti, e non solo allo stato latente. Ancora una volta, é quasi impossibile non pensare a Robert Harney, il cui lavoro storico-scientifico fu costantemente accompagnato da spunti polemici e da interventi pubblici indirizzati a tutti coloro (governanti, leaders etnici, operatori sociali e culturali, intellettuali) che non sapevano o non volevano riconoscere nell'immigrazione e nella coesistenza inter-etnica la fonte principale di un vero ethos cosmopolita, unico garante di un autentico pluralismo culturale.
 

Internazionalizzazione della ricerca e prospettive mondiali

Un'ultimo aspetto che merita di essere discusso per il suo potenziale a influenzare le prospettive di ricerca degli anni a venire é il carattere sempre più internazionale che la storiografia delle migrazioni ha acquisito in questi ultimi anni. Soprattutto ora che sembra generalizzarsi tra gli storici la sensibilità circa i limiti delle tendenze etnocentriche (il fenomeno migratorio visto quasi esclusivamente dall'ottica del paese ospite), le ricerche sembrano meglio circoscrivere i quadri geopolitici ed economici all'interno dei quali si sono sviluppati i movimenti migratori. Si direbbe quindi che si stia facendo sempre più strada una prospettiva transnazionale che cerca di valorizzare il ruolo dei fenomeni migratori nello sviluppo di determinate aree regionali o addirittura emisferiche. Tra i lavori che si orientano in questo senso, ad esempio, si sta cercando di conferire un significato più preciso al concetto di 'economia atlantica' o a volte 'nord-atlantica', visti come sistemi geopolitici attraversati e potenziati dai movimenti migratori.32 Nel contesto geograficamente più ristretto dell'area nordamericana -contesto in cui hanno avuto un ruolo importantissimo i movimenti migratori dal Canada e dal Messico verso gli Stati Uniti- si sta manifestando sempre più urgente il bisogno di una prospettiva nordamericana dei movimenti migratori.33 Cio' é dovuto non solo al grado di interpenetrazione demografica e etnoculturale sviluppatasi tra il Messico e la vasta regione del sud-ovest statunitense, ma anche al fatto che un paese come il Canada ha spesso servito come prima destinazione per le popolazioni emigranti dalle isole Britanniche e dall'Europa in generale, popolazioni che in un secondo tempo sono riemigrate negli Stati Uniti; fenomeno storico al quale bisogna anche aggiungere l'emigrazioni politico-economica (numericamente più limitata ma costante fin dal periodo della rivoluzione americana) di popolazioni statunitensi verso il Canada.

In parte queste prospettive internazionali sono state influenzate dall'affermarsi della scuola storiografica 'sistema-mondo', in Nordamerica associata soprattutto al nome di Immanuel Wallerstein e i suoi collaboratori; ma a un livello più logistico, queste prospettive anche il risultato di iniziative collaborative che in questi ultimi anni si sono moltiplicate tra gli storici che operano nell'ambito di queste aree geoeconomiche. Collaborazioni transnazionali, che spesso si concretizzano intorno a congressi tematici, comitati redazionali di riviste internazionali, o progetti editoriali, non solo stanno permettendo una migliore conoscenza dei circuiti internazionali di popolazioni, ma anche a stabilire un legame più organico e inter-attivo tra le regioni di esodo e quelle di destinazione.34

Questo sviluppo, che per ovvie ragioni linguistiche e logistiche si era generalmente concretizzato intorno allo studio di singole etnie, si sta allargando ad un universo etnoculturale e geopolitico più vasto e, di conseguenza, più complesso. Se questa tendenza si protrarrà --cosi' come me lo auguro-- essa sarà senz'altro dettata dall'esigenza di affrontare temi o aspetti dei fenomeni migratori e etnici che attraversano i tradizionali terreni geopolitici e linguistici entro i quali essi erano stati rinchiusi dalla storiografia. Questa tendenza, inoltre, non potrà non potenziare le prospettive di ricerche comparative, e quindi arricchire enormemente le nostre conoscenze dei fenomeni migratori. Scrivendo recentemente sui meriti degli approcci internazionali per lo studio delle migrazioni operaie italiane, Donna Gabaccia diceva: "Emphasis on specific movements of particular peoples may lead to histories of migration that are worldwide in their comparative and connective powers but still respectful of culture's role in human behaviour" .35 Il risultato che augura Gabaccia potrebbere essere ancora più esteso e affascinante una volta che queste "storie" e "movimenti specifici" vengono messi in rapporto tra di loro e che le prospettive che ne alimentano lo studio si confrontano e si fecondano in uno spirito di collaborazione leale. In tal caso, avremmo tutti gli elementi per far si' che la storia delle migrazioni e dei fenomeni etnici costituisca uno dei filoni più importanti e organici di una storia mondiale. Questo tipo di storia delle migrazioni potrebbe fornire una risposta alla domanda recentemente espressa in termini alquanto urgenti dall'eminente storico statunitense John Higham, il quale si chiedeva in quali modi la storia di una nazione (in questo caso gli USA) puo' essere integrata a una "supranational or world history". Vale la pena citarlo:"How should the national and the supranational levels of history be related ? What can be done to connect them?".36

Tenendo conto delle prospettive sociografiche, metodologiche e concettuali che attualmente sembrano profilarsi nel campo della storiografia delle migrazioni in Nord America, non credo di peccare di eccessivo ottimismo nell'insistere che questo campo di studi ha oggi una chance unica per contribuire al rinnovamento delle scienze storiche e a rinvigorire il loro ruolo sociale e politico.
 

NOTE

1. Due tra i più completi bilanci storiografici apparsi di recente sono: PALMER, Howard. Recent Studies in Canadian Immigration and Ethnic History: the 1970s and the 1980s; VECOLI, Rudolph.. From the Uprooted to the Transplanted: the Writing of American Immigration History, 1951-1989. ambedue In GENNARO LERDA, Valeria (ed).  From 'Melting Pot' to Multiculturalism: The Evolution of Ethnic Relations in the United States and Canada. Roma: Bulzoni Editore, 1990. Cfr. inoltre le acute osservazioni contenute in WEIL, François. Migrations, migrants, ethnicité. In Jean Heffer e François Weil, eds. Chantiers d'histoire américaine. Parigi: Belin, 1994.

2. Per gli Stati Uniti cfr. BODNAR, John. The Transplanted: A History of Immigrants in Urban America. Bloomington: Indiana University Press, 1985.  e DANIELS, Roger.  Coming to America: A History of Immigration and Ethnicity in American Life. New York: Harper Collins, 1990. Per il Canada cfr. BURNET, Jean R.  with PALME, Howard.  Coming Canadians: An Introduction to a History of Canada's Peoples.  Toronto: McClelland & Stewart, 1988.

3. Tra queste riviste, meritano di essere segnalate particolarmente, per gli USA: The Journal of American History; Labor History; The Journal of Social History; The Journal of Family History; Historical Methods. Per il Canada: The Canadian Historical Review; Labour/Le Travail; Social History/Histoire Sociale; Urban History Review; Acadiensis; Revue d'Histoire de l'Amérique Française.

4. Questa questione é trattata più ampiamente in AVERY, Donald Avery e RAMÍREZ, Bruno. Immigration and Ethnic Studies. In ARTIBISE, A. (ed). Interdisciplinary Approches to Canadian Society. Montreal: McGill-Queen's University Press, 1990 , p. 77-116; RAMÍREZ, Bruno. Il Canada, l'immigrazione e il multiculturalismo. Genesi di una storiografia", Studi Emigrazione, N. 101 (Marzo 1991) 49-57; RAMÍREZ, Bruno. "L'immigration au Canada: perspectives historiographiques. Bulletin de l'ARNA, Université Paris-Nord, N. 2 (1992), 25-34.

5. APPLEBY, Joyce. Recovering America's Historic Diversity: Beyond Exceptionalism.  The Journal of American History, Vol. 79, N. 2 (September 1992), p. 427.

6. Ibid., p. 428.

7. Ibid., p. 430.

8. Ibid., p. 431.

9. Oltre alle varie segnalazioni contenute nei due testi storiografici di VECOLI, R. e PALMER, H. citati in precedenza, cfr. in particolare a titolo di esempio: per gli USA: BRIGGS, John W. An Italian Passage: Immigrants to Three American Cities, 1890-1930. New Haven: Yale University Press, 1978.  GJERDE. From Peasants to Farmers: The Migration From Balestrand, Norway to the Upper Middle West (New York, 1985); OSTERGREN, Robert C.  A Community Transplanted: The Trans-Atlantic Experience of Swedish Immigrant Settlement in the Upper Middle West, 1835-1915.  Madison: 1988. Per il Canada: ZUCCHI, John. Italians in Toronto: Development of a National Identity, 1875-1935. Montreal: McGill-Queen's University Press, l988; ELLIOTT, Bruce. Irish Migrants in the Canadas. A New Approach. Montréal: McGill-Queen's University Press, 1988; RAMÍREZ, Bruno. Les premiers Italiens de Montréal: Naissance de la Petite Italie du Québec. Montréal: Éditions du Boréal, l984.

10. Per una recente sintesi di alcuni di questi lavori, concepita in chiave comparativa, cfr. NUGENT, Walter. Crossings: The Great Transatlantic Migrations, 1870-1914. Bloomington: Indiana University Press, 1992. Un'imponente monografia di uno dei maggiori specialisti del periodo rivoluzionario, che contiene una solida dimensione di sociografia storica resa possibile dall'utilizzo sistematico del 'Register of Emigrants, December 1773-March 1776, Public Record Office' (London) assieme ad altre fonti nominative, é : BAILYN, Bernard. Voyagers to the West. A Passage in the Peopling of America on the Eve of the Revolution. New York: Alfred A. Knopf, 1986. Tra i lavori basati sull'utilizzazione sistematica delle liste di passeggeri destinati verso gli USA, cfr. SWIERENGA, Robert P. Dutch International Migration Statistics 1820-1880: An Analysis of Linked Multinational Nominal Files. International Migration Review 15 (Fall 1981), 445-70, e le varie compilazioni prodotte dallo stesso autore e enumerate in SWIERENGA,Robert P. Local Patterns of Dutch Migration to the United States in the Mid-Nineteenth Century. In VECOLI, Rudolph J. SINKE, Suzanne M. eds. A Century of European Migrations, 1830-1930. Urbana: University of Illinois Press, 1991, p. 155-56. Vedasi anche i vari saggi contenuti in GLAZIER, Ira A. and DE ROSA, Luigi (eds).  Migration Across Time and Nations: Population obility in Historical Contexts. New York: 1986.  Vedasi anche, GLAZIER, Ira A. e KLEINER, Robert.Analisi comparata degli emigranti dall'Europa meridionale e orientale attraverso le liste passeggeri delle navi statunitensi. Altreitalie, 7, 1992, p. 115-125.

11. Un tentativo del genere é effettuato in RAMIREZ, Bruno. On The Move: French-Canadian and Italian Migrants in the North Atlantic Economy, 1860-1914. Toronto: McClelland & Stewart, 1991. specialmente capitolo 3.

12. Tra gli esempi più interessanti di lavori del genere effettuati in Canada, cfr. BISHOFF, Peter.Traveling the country 'round: migrations et syndicalisme chez les mouleurs de l'Ontario et du Québec, membres de l'Iron Molders Union of North America, 1860-1892. Revue de la Société historique du Canada, Nouvelle série, Vol. 1 (1990), pp 37-71; HELLY, Denise.Buandiers, Restaurateurs et Marchands. In HELLY, Denise Helly. Les Chinois à Montréal, 1877-1951. Montréal: IQRC, 1987, specie p. 55-118; ZUCCHI, John E. Occupations, Enterprise, and the Migration Chain: The Fruit Traders from Termini Imerese in Toronto, 1900-1930. Studi Emigrazione, 77, Marzo 1985, p. 68-79.

13. Alcuni risultati preliminari di questa ricerca sono contenuti in RAMÍREZ, Bruno. L'émigration des Canadiens français vers les États-Unis: 1919-1929.  In Actes du Colloque Québec - Communauté française de Belgique: Les migrations en BelgiqueEES MIGRATIONS EN BELGIQUE ET AU QUÉBEC, XVIIe-XXe SIECLES (in corso di stampa).

14. HARNEY, Robert. Ambiente and Social Class in North American Little Italies. Canadian Review of Studies in Nationalism, 2, 1975, p. 208-224; PERIN, Roberto. Clio as an Ethnic: The Third Force in Canadian Historiography. Canadian Historical Review, LXIV, 4, 1983; ZUNZ, Olivier. American History and the Changing Meaning of Assimilation. Journal of American Ethnic History, 4, 1985.

15. TASCHEREAU, Sylvie. L'histoire de l'immigration au Québec: une invitation à fuir les ghettos. Revue d'histoire de l'Amérique française, 41, 4 , printemps 1988, p. 575-589.

16. VECOLI, R. From The Uprooted to The Transplanted, cit., p. 41-42.

17. Cfr., a titolo di esempio, BARTON, Josef J. Peasants and Strangers: Italians, Rumenians, and Slovaks in an American City, 1890-1950 Cambridge: Harvard University Press, 1975; MORMINO, Gary R. and POZZETTA, George F.  The Immigrant World of Ybor City. Urbana: The University of Illinois Press, 1987; RAMÍREZ, Bruno. On The Move, cit., specie p. 15-16. Anche se rivolti allo studio di una singola etnia ( gli Italiani), molto pertinenti sono i commenti sul potenziale della ricerca comparativa contenuti in GABACCIA, Donna. International Approaches to Italian Labour Migration. In POZZETTA, George and RAMIREZ, Bruno (eds). The Italian Diaspora: Migration Across the Globe. Toronto: MHSO, 1992, specialmente p. 21-23.

18. Cfr. CONZEN, Kathleen N. German-Americans and the Invention of Ethnicity. In TROMMLER, Frank e McVEIG, Joseph (eds). America and he Germans: An Assessment of a Three-Hundred Year History. Philadelphia: University of Pennsylvania Press, 1985, p. 131-47; VECOLI, Rudolph. The Search for an Italian American Identity: Continuity and Change.  In TOMASI, Lydio (ed).  Italian Americans: New Perspectives in Italian Immigration and Ethnicity. New York: Center for Migration Studies, 1985, p. 88-112; RAMIREZ, Bruno. Immigrants or Ethnics ? Una impasse concettuale nella storiografia nord-americana.  In PITTO, Cesare (ed). Per una storia della memoria. Antropologia e storia dei processi migratori. Cassano Jonio: Jonica Editrice, 1990, p. 53-62.

19. L'elaborazione metodologicamente più articolata della categoria etnicità compiuta da Harney é probabilmente quella contenuta in Ethnicity and Neighbourhoods.  capitolo introduttivo a HARNEY, Robert (ed). Gathering Place: Peoples and Neighbourhoods of Toronto, 1834-1945. Toronto: MHSO, 1985, p. 1-24.

20. La maggior parte dei saggi storici di Harney sono raccolti in, HARNEY, Robert.  Dalla frontiera alle Little Italies. Roma: Bonacci Editori, 1984, e HARNEY, Robert.  If One Were to Write a History...: Selected Writings. edited by Pierre Anctil and Bruno Ramirez. Toronto:MHSO, 1991. Per una discussione più ampia del contributo di Harney cfr. RAMIREZ, Bruno. The Making of an Ethnoculture: Robert Harney's Contribution.  In BRUNET, Jean Burnet et al (eds.) Migration and the Transformation of Cultures. Toronto: MHSO, 1992, p. 91-100.

21. HARNEY, Robert. Undoing the Risorgimento:Emigrants from Italy and the Politics of Regionalism.  In ANCTIL, P.  and RAMIREZ, Bruno (eds). op. cit., p. 210-11. Il rapporto tra multiculturalismo e etnicità é trattato in modo più articolato in HARNEY, Robert. 'So Great A Heritage as Ours': Immigration and the Survival of the Canadian Polity. Daedalus, Vol. 117, 4, Fall 1988.

22. MILLER, Kerby A. Emigrants and Exiles: Ireland and the Irish Exodus to North America.  New York: Oxford University Press, 1985.

23.BUKOWCZYK,  John J.The Transformation of Working-Class Ethnicity: Corporate Control, Americanization, and the Polish Middle Class in Bayonne, New Jersey 1915-1925. Labor History, 25, Winter 1984, p. 53-82; BUKOWCZYK, John J.  And My Children Did Not Know Me. A History of the Polish-Americans. Bloomington: University of Indiana Press, l987.

24. GERSTLE, Gary.  Working-class Americanism. The Politics of Labor in a Textile City, 1914-1960. Cambridge: Cambridge University Press, 1989.

25. CONZEN, Kathleen Neils0, GERBER, David A. MORAWSKA, Ewa, POZZETTA, George E. VECOLI, Rudolph J. The Invention of Ethnicity: A Perspective from the USA, Altreitalie, 3, Aprile 1990, p. 37-62 (una versione italiana del testo é inclusa nello stesso numero).

26. Vedasi in merito le acute osservazioni di DEVOTO, Fernando. Inventing the Italians? Images of Immigrants in Buenos Aires, 1810-1880..  In G. Pozzetta e B. Ramirez, eds., op. cit., specialmente pp. 69-73.

27. Aspetti centrali del dibattito in corso in Nord America circa l'esigenza e le prospettive di un approccio 'gender' nello studio storico delle migrazioni sono contenuti nei saggi di Franca Iacovetta, Donna Gabaccia, e Virginia Yans-McLaughlin, facenti parte del numero speciale di Altreitalie, 9 (1993) dedicato al tema 'Donne e emigrazione'.

28. Alcuni aspetti del dibattito concernente il rapporto tra le categorie 'classe' e 'etnicità' possono essere reperiti in RAMIREZ, Bruno. Ethnic Studies and Working-Class History.  Labour/Le Travail, 19, Spring 1987, p. 45-48; BARRETT, James R. Americanization from the Bottom Up: Immigration and the Remaking of the Working Class in the United States, 1880-1930. Journal of American History, Vol. 79, No. 3, December 1992, p. 996-1020.

29. Non mi sembra una critica ingiustificata rilevare che i progressi metodologici fatti sul fronte storico-sociografico e i dibatti intorno alla categoria etnicità sviluppatisi con particolare intensità in questi ultimi anni, rendono in parte datés le pur recenti opere di sintesi storica come quelle di John Bodnar, op. cit., di Roger Daniels, op. cit. e di Jean Burnet, op. cit. Naturalmente, questa critica non intende affatto minimizzare il loro grande valore storiografico.

30. Per una discussione più ampia di questo aspetto, cfr. RAMÍREZ, Bruno. Les rapports entre les études ethniques et le multiculturalisme au Canada: vers de nouvelles perspectives.  International Journal of Canadian Studies, 3, Spring 1991, p. 171-181.

31. Alcuni di questi temi sono affrontati in chiave comparativa in RAMÍREZ, Bruno. The Perils of Assimilation: Toward a Comparative Analysis of Immigration, Ethnicity and National Identity in North America.  in V. Gennaro Lerda, ed., op. cit., pp. 143-167.

32. Recenti lavori che si orientano in questo senso sono: W. Nugent, op. cit.; B. Ramirez, On The Move, cit.; MENARD, Russell R. Migration Ethnicity, and the Rise of an Atlantic Economy: The Re-Peopling of British America, 1600-1790; HOERDER, Dirk. International Labor Markets and Community Building by Migrant Workers in the Atlantic Economies, ambedue contenuti in R. Vecoli e S. Sinke, eds., op. cit. Va inoltre rilevato che, implicitamente o esplicitamente, parecchi recenti lavori che affrontano il fenomeno delle migrazioni di ritorno sembrano adottare una simile ottica; per una discussione teorico-storiografica di questo aspetto cfr., Ewa Morawska, "Return Migrations: Theoretical and Research Agenda", in R. Vecoli e S. Sinke, eds., op. cit., pp- 277-292.

33. RAMÍREZ, Bruno. Shifting Perspectives from the North: Quebec.  Journal of American History, Vol. 79., No. 2, September 1992, p. 477-484. RAMÍREZ, Bruno  with OTIS, Yves. Crossing the 49th Parallel: Migration From Canada to the United States, 1900-1930. (Ithaca: Cornell University Press, forthcoming in 2000.

34. Esempi recenti dei risultati di queste iniziative collaborative sono i volumi seguenti: VECOLI, R. Vecoli e SINKE, S. (eds)., op. cit.; V. Gennaro Lerda, ed., From 'Melting Pot' to Multiculturalism, cit.; Marianne Debouzy, ed., In the Shadow of the Statue of Liberty: Immigrants, Workers, and Citizens in the American Republic, 1880-1920 (Urbana: University of Illinois Press, 1992); G. Pozzetta e B. Ramirez, eds., The Italian Diaspora, cit.

35.GABACCIA,  D.International Approaches. cit. p. 21-22.

36. HIGHAM, John. The Future of American History.  Journal of American History, Vol. 80, No. 4, March 1994, p. 1289.
 

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