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Scripta Nova
REVISTA ELECTRÓNICA DE GEOGRAFÍA Y CIENCIAS SOCIALES
Universidad de Barcelona. ISSN: 1138-9788. Depósito Legal: B. 21.741-98
Vol. XII, núm. 270 (19), 1 de agosto de 2008
[Nueva serie de Geo Crítica. Cuadernos Críticos de Geografía Humana]


LA GRANDE E LA PICCOLA CINA NELL' ULTIMO DECENNIO

Giacomo Corna Pellegrini
Università degli Studi di Milano – già Professore di Geografia
giacomo.cornapellegrinis@tin.it


La grande e la piccola Cina nell'ultimo decennio (Riassunto)

La Cina continentale e Taiwan hanno vissuto politicamente separate dal 1949, ma la loro evoluzione economica verso la modernità ha mostrato, nell' ultimo periodo, un singolare parallelismo. La cultura confuciana comune ha favorito una sostanziale solidarietà tra le classi superiori e quelle subalterne, determinando molte somiglianze nella evoluzione economica e in quella sociale. L' estrema efficienza dimostrata da entrambi i Paesi, pur nella differenza di dimensioni, lascia prevedere possibili ulteriori sviluppi, di grande influenza su tutto il mondo futuro.

Parole chiave:   Cina, Taiwan.

The great one and small China in the last decade (Abstract)

Continental China and Taiwan have politically lived separated by 1949 but their economic evolution toward the modernity has shown, in the last period, an unusual parallelism. Common Confucian culture has favored a substantial solidarity between the superior classes and those subordinate, determining a lot of similarities in the economic evolution and in that social. The extreme efficiency shown from both the Countries, simply in the difference of dimensions, leaves to expect possible further developments, of large influence on the entire future world. 

Key words: China, Taiwan.

Confrontare l' evoluzione della Cina ( Repubblica Popolare Cinese ) con quella di Taiwan ( Repubblica di Cina–Taiwan ) durante gli ultimi anni è particolarmente interessante perchè nel territorio continentale si sono verificati fenomeni sociali, economici e perfino politici che nella piccola isola, al di la dello Stretto di Taiwan, si erano verificati 30 anni prima. Bisogna infatti ricordare che il distacco tra i due territori avvenne nel 1949, allorché la vittoria di Mao Tze Tung costrinse Ciang Kai Schek ad abbandonare il continente, cercando riparo nell' isola di Taiwan (l' antica Formosa).

Mentre dunque la Cina di Mao avviava il suo sviluppo sulla base di una politica sostanzialmente autarchica, rinunciando non soltanto agli aiuti del mondo capitalistico, ma quasi subito anche a quelli del mondo sovietico, Taiwan cominciò immediatamente una politica di collaborazione con il Giappone e con gli Stati Uniti (oltre con altri Paesi industrializzati), per un rinnovamento economico che risultò strabiliante. La piccola e povera isola di Formosa, in pochi decenni, divenne una delle tigri asiatiche , insieme alla Korea del Sud, Hong Kong e Singapore. La sua capacità di esportazione di prodotti, prima abbastanza semplici, poi di alto livello tecnologico divenne proverbiale, insieme ai bassi prezzi cui essi venivano e vengono venduti all' estero.

Quando, nel 1949 Chiang Kai-Shek fu costretto, con molti dei sostenitori del Kuo Ming Tang, ad abbandonare Pechino, scelse Taiwan come rifugio, per progettare una riconquista della sua patria, il più presto possibile. Quel progetto non si è mai realizzato, ma da allora Taiwan ha iniziato balzi di sviluppo economico straordinari. Prima di quegli eventi, la vita degli autoctoni era stata influenzata soltanto a tratti dall' arrivo di Portoghesi, nel 1544, cui si deve la denominazione di Ilha Formosa , che tuttora è appellativo usato spesso per indicare il territorio.

Più tardi furono gli Olandesi che, nel 1602, scelsero per base della loro Dutch East India Company l' isoletta di Penghu, al largo di Taiwan, come testa di ponte, per sperati commerci con Giappone e Cina, che chiudevano i loro porti agli stranieri. L' influenza olandese durò fino alla metà del ‘600, quando le forze cinesi dei Quing presero possesso dell' isola, mantenendola per due secoli, fino al Trattato di Shimonoseki, nel 1895. Con esso i Giapponesi si appropriavano di Taiwan, iniziandone una modesta, ma significativa modernizzazione di tipo coloniale, cioè di sostanziale sfruttamento, a vantaggio del Paese dominante.

La fine della Seconda Guerra Mondiale riportava, nel 1945, Taiwan alla Cina, allora governata da  Chiang Kai-Shek, che però soltanto quattro anni dopo doveva lasciare il continente alle forze comuniste di Mao Tze Tung, vittoriose sui nazionalisti dopo la Lunga Marcia . Iniziava da allora, per Taiwan (auto proclamatasi Repubblica di Cina ), una singolare situazione politica di indipendenza, non riconosciuta dalla Repubblica Popolare Cinese . Quella indipendenza e le scelte politiche e produttive conseguenti sono alla base dello straordinario sviluppo economico degli anni successivi, e in particolare dell' ultimo decennio.

Le spiegazioni di quella strepitosa evoluzione sono naturalmente molteplici. La prima, e forse più importante, è che insieme a Chiang Kai-Shek giunse a Taiwan, nel 1949, un folto gruppo di imprenditori cinesi, tra i più ricchi e competenti del loro Paese. Erano proprio coloro che più avevano da temere dalla nuova politica comunista, ma probabilmente erano anche tra i più capaci uomini d' affari asiatici. Utilizzando il proprio vasto know how tecnologico e finanziario, nonché i capitali che si portavano appresso, essi avviarono sull' isola, fino ad allora decisamente sonnacchiosa, nuove imprese industriali e commerciali, aperte a tutto il resto del mondo. Giunse immediato il sostegno tecnico e finanziario del Giappone e degli Stati Uniti, parimenti interessati  a fronteggiare la nuova situazione politica, creatasi nelle Cina continentale, per la vittoria degli uomini di Mao Tze Tung.

Il doppio carattere della evoluzione politica e sociale di Taiwan dagli anni '50 agli anni '80 fu quello di uno sviluppo produttivo fortissimo e di una dittatura politica molto dura, durante la presidenza di Chiang Kai-Shek (morto a 87 anni, nel 1975), continuata, seppure meno duramente, con la presidenza del figlio Chiang Cling-Kuo, fino alla sua morte, nel 1988. Furono i tempi del completo predominio, sulla popolazione locale, dei nuovi venuti dal continente, con dure repressioni militari, l' imposizione della lingua mandarina e nessuno spazio politico alle popolazioni locali, in gran parte cinesi anch' esse, e in piccola parte aborigene.

Tutti gli abitanti di Taiwan erano chiamati (o forzati) a collaborare intensamente all' avvio di una rapida modernizzazione del Paese, che corrispondeva anche ad una forte capacità militare, nel confronto con la Cina comunista. La tensione armata restò infatti fortissima, per decenni, nello Stretto di Taiwan , mentre in direzioni opposte si sviluppavano le rispettive economie: moderna e di mercato a Taiwan, autarchica e centralista nel continente. Economicamente vincente, su molti mercati internazionali, fu subito la prima, anche se di dimensioni assai più modeste della seconda.

Politicamente il rapporto tra i due contendenti cambiò invece improvvisamente, allorché, nel 1971, l' Assemblea delle Nazioni Unite riconobbe che il seggio (con diritto di veto) nel Consiglio di Sicurezza, fino ad allora riconosciuto ai rappresentanti di Taiwan, dovesse invece passare ai governanti di Pechino. Da allora si è fatta più dura la polemica sul diritto di Taiwan a considerarsi Stato autonomo, oppure regione della Repubblica Popolare Cinese , come da sempre reclama quest' ultima.

Nel 1987, un anno prima della sua morte, Chiang Cling-Kuo consentì per la prima volta libere elezioni nell' isola, che diedero una sorprendente maggioranza al Democratic Progressiv Party , guidato da Teng-hui, che nel 1988 divenne il primo Presidente eletto. Egli guidava un partito fino ad allora costretto alla illegalità o alla opposizione.  Lo componevano prevalentemente personaggi nativi dell' isola, a differenza di quanto era fino ad allora accaduto, con la prevalenza del Kuo Ming Tang, guidato da Chiang Kai-Shek e poi dal figlio. 

Nel frattempo, l' economia di Taiwan era prosperata straordinariamente, grazie alle capacità imprenditoriali dei suoi operatori, agli aiuti stranieri, alle notevoli capacità tecnologiche e agli alti livelli d' istruzione degli addetti; infine grazie anche alla pratica assenza di rivendicazioni salariali, da parte di lavoratori e cittadini, fortemente condizionati dalla dittatura.

Al di là delle imposizioni autoritarie, durante il lungo periodo di dittatura del Kuo Ming Tang, un elemento culturale determinante della solidarietà di fatto tra le classi dirigenti e quelle subalterne fu certamente, e resta (come nelle stesse altre tigri asiatiche , nonché nella Cina continentale e in Giappone), la tradizione confuciana di ossequio delle classi dipendenti a quelle superiori (quali che esse siano o fossero). La quasi assenza di lotte sindacali, allora e tutt' oggi, ne è una prova e garantisce una altissima collaborazione del personale, sia agli uffici pubblici che alle finalità delle aziende private.

La solidarietà sociale tra le diverse classi della popolazione di Taiwan fu favorita anche dal persistente, possibile scontro militare dell' isola con la Cina comunista, tenuto a freno dallo scudo militare americano, durante i primi decenni postbellici, poi dal capovolgimento politico della Cina, alla fine degli anni '70, con la nuova leadership di Deng Tziaoping; infine per lo stesso interesse cinese a collaborare economicamente con le sperimentate imprese di Taiwan, nella accelerazione dello sviluppo economico delle zone economiche speciali sul continente. In quei territori le joint venture con imprese straniere hanno avviato lo strepitoso sviluppo attuale. Ad esse dà un impulso importante proprio la competenza (e la cinesità )delle imprese di Taiwan.

Nel frattempo, nella Cina continentale Deng Xiaoping, già compagno d' armi del Presidente Mao durante la Lunga Marcia e poi suo diretto collaboratore per molti anni, era stato escluso da ogni incarico nel 1967 e mandato a lavorare in una fabbrica di trattori. Poi riabilitato nel 1973 come Vice Primo Ministro, era stato nuovamente epurato tre anni dopo. Deng tornò al vertice del partito comunista dopo la morte di Mao alla fine degli anni Settanta e nel giro di due decenni cambiò letteralmente la storia della Cina, imprimendole una politica economica e internazionale opposta a quella autartica e centralistica, perseguita in quel Paese fino dal 1949, anno dell' avvento del Comunismo al potere.

Subito dopo la morte di Mao – scrive una attenta conoscitrice della Cina, come fu Enrica Collotti Pischel – Deng intraprese una battaglia  per ritornare al potere cercando l' appoggio degli intellettuali e anche della dissidenza, in nome dell' efficientismo e del merito professionale, contro l' egualitarismo e l' impreparazione. Con una vasta schiera di seguaci riuscì a destituire Hua Kuofeng dal vertice del partito alla fine del 1978; intraprese in seguito una serie di riforme radicali miranti a decollettivizzare l' economia, prima rurale e poi urbana, premiando i lavoratori più attivi e preparati.

Nell' attuazione di queste riforme, coronate da sostanziali successi economici, soprattutto in agricoltura, nonostante l' accentuarsi delle disparità regionali e l' espulsione di rilevanti masse dall' attività agricola, Deng Xiaoping mantenne sempre con rigore il principio dell' autorità assoluta del partito contro ogni prospettiva di pluralismo e di liberalizzazione politica. Nel 1987, e soprattutto nel 1989, si schierò contro le richieste di democrazia avanzate da giovani e intellettuali, sostenendo la sanguinosa repressione di piazza Tienanmen, attuata dall' esercito nella notte tra il 3 e il 4 giugno 1989 (Collotti Pischel , Deng Xiaoping, pbmstoria.it).

Con le sue riforme in Cina, Deng Xiaoping cambiò anche la storia del mondo, reintroducendo i Cinesi, cioè un sesto dell' intera umanità, nelle vicende ormai globali degli altri cinque sesti, dai quali era restata divisa e sostanzialmente esclusa per quarant' anni. Egli infatti  realizzò un cambiamento della politica cinese a 180 gradi. Aveva capito che, per la strada opposta a quella perseguita da Mao, il mondo moderno industrializzato stava procedendo con immenso vantaggio, almeno materiale (ma non è poco), della gente comune. Aveva anche capito che la svolta era possibile, ancorché difficile, non solo per l' immensa popolazione cinese, ma anche al poderoso partito unico che la dirigeva, a patto di conservare la dittatura politica di questo.

Tutto ciò presupponeva, da parte di Deng Xiaoping, una assoluta lucidità di lettura del mondo, della Cina e del suo stesso partito. Egli aveva evidentemente colto quali errori si erano compiuti negli anni precedenti, e aveva tentato di opporvisi, ma era consapevole, al tempo stesso, che a nulla sarebbero valsi i suoi sforzi se non avesse avuto l' appoggio di una parte importante del suo stesso partito. Per due volte era stato messo brutalmente da parte, come riformista antirivoluzionario. Il durissimo prezzo che fu costretto a pagare per la conferma della sua politica, quando finalmente tornò al potere, fu la repressione di Tienanmen nel 1989, con la sconfessione del Segretario del Partito Comunista Zhao Ziyang, che aveva tentato di convincere gli studenti a rinunciare alla rivolta.

Quel prezzo forse la storia potrà considerarlo troppo caro. Di fatto sanciva la singolare contraddizione cinese: dittatura politica ed economia di mercato . Da allora l' economia della Cina è cresciuta comunque al ritmo medio del 10 % ogni anno, scalando tutte le classifiche internazionali e prospettandosi come protagonista principale dell' economia mondiale all' inizio del nuovo millennio.

Nel 1982 Deng, ormai saldamente al potere, lanciava ufficialmente la sua politica di rivoluzione, svecchiamento, impegno intellettuale  e professionale , che sarà confermata dal Congresso del partito nel 1987. In pratica era l' apertura progressiva alla economia mondiale attraverso la costituzione delle Regioni Economiche Speciali , soprattutto nelle zone costiere della Cina, ove l' iniziativa privata, sia nazionale che straniera, poteva sostituirsi a quella pubblica ed erano realizzabili joint ventures economiche con i Paesi capitalisti (e perfino con Taiwan), fino ad allora totalmente proibite.

L' evoluzione può sembrare simile a quella che negli stessi anni avrebbe conosciuto l' economia dell' Unione Sovietica, ad opera di Gorbaciov e soprattutto di Boris Eltsin, ma la differenza fondamentale stava nel mantenimento, in Cina, di un rigidissimo controllo politico di tutto il Paese da parte del partito comunista: soltanto nel grande Paese asiatico totalitarismo politico e capitalismo economico si sperimentavano colleghi, per la prima volta, nel gestire il territorio più popoloso del mondo. La democrazia politica resta da allora ancora esclusa dalla esperienza della Cina continentale, e purtroppo altrettanto esclusi sono molti fondamentali diritti civili, ma il favoloso ritmo di crescita economica conosciuto dal Paese offre la misura del successo di quella scelta di Deng.

L' esito positivo della svolta impressa alla politica economica cinese da Deng Xiaoping non fu dovuta soltanto a lui, ovviamente, bensì alla compresenza di molte circostanze, delle quali egli si rivelò ben consapevole e che la sua politica riuscì a sfruttare. In primissimo luogo era la cultura confuciana dei Cinesi:  come essa li aveva spinti all' ossequio della classe dirigente precedente, così li portava facilmente ad accettare le direttive della nuova classe superiore, alla quale la maggior parte dei Cinesi sono convinti sia comunque dovuto rispetto. In secondo luogo fu subito immediato l' interesse del capitalismo internazionale per l' apertura dell' enorme mercato cinese e della grande quantità di mano d' opera che esso poteva offrire, a prezzi molto competitivi, rispetto a quelli dei mercati occidentali.

Qui il parallelo tra la Grande e la Piccola Cina può essere ripreso sotto molti aspetti. In primo luogo, in entrambi i casi, pur diversissimi per dimensione e risorse del territorio, la cultura confuciana è identica (le minoranze essendone escluse, ma ininfluenti). In secondo luogo, la capacità di lavoro e lo zelo delle popolazioni cinesi è proverbiale in tutto il mondo: prima ancora lo è  la capacità e la volontà di studiare per prepararsi a lavorare.  Non è dunque un caso che, posti nelle condizioni di aprirsi a nuovi modi di produrre, pur con tecniche e modalità diverse, gran parte delle rispettive popolazioni si siano convertite rapidamente alla modernizzazione. Infine, benché diverso, il clima politico di entrambe le regioni è restato a lungo dittatoriale, favorendo uno zelo lavorativo oltre misura.

Finiti quei periodi si è affacciata però, in entrambi i casi, una realtà economica e soprattutto sociale di grande interesse, entro la quale le somiglianze di comportamento tendono a riprodursi di nuovo, soprattutto nella gioventù, la più entusiasta delle nuove mode e delle nuove possibilità di benessere e di libertà. Per quanto riguarda la Cina continentale, il problema concerne soltanto quelle regioni ove la modernizzazione è esplosa, cioè circa 300 milioni di persone della Cina orientale, mentre un altro miliardo di Cinesi sembra ancora continuare, per ora, la tradizione agricola e artigianale di sempre. Per Taiwan il problema riguarda invece l' intera popolazione, con la sola eccezione del 2 % di Aborigeni, ancora alla finestra di ciò che sta accadendo.

Limitandosi ai giovani dei territori più urbanizzati, sembra potersi dire che tutti i bambini e gli adolescenti cinesi studiano oggi con grande impegno durante il giorno, e cominciano invece a scatenarsi di notte (come accade, del resto in Giappone, simile anch' esso, anzi precursore, per questo aspetto, delle novità giovanili cinesi). I giovani rappresentano la componente maggiore della popolazione, sia nella Cina continentale che a Taiwan. L' allegria serale si contrappone, per la maggior parte di loro, allo studio durissimo realizzato durante il giorno, quale è richiesto da un sistema molto selettivo e meritocratico, simile del resto a quello  vigente in tutti i Paesi dell' area confuciana.

Libertà e fantasia di questi giovani si legge chiaramente, soprattutto a Taiwan, nelle mode femminili delle giovanissime, assolutamente libere da schemi; espressione di una vivacità intellettuale non comune. Nei ragazzi, quella creatività si esprime soprattutto nelle strepitose street dances , delle strade sotterranee, e nei giochi di gruppo che affollano i luoghi più disparati. La semplicità e l' autonomia della vita giovanile è fatta anche di un affollarsi serale ai molti negozietti di alimentari delle zone scolastiche, oppure della spensieratezza di milioni di scooter che scorrazzano per le città, superando le file automobilistiche a destra e sinistra, lasciando interdetto chi preferirebbe una più precisa regolamentazione della mobilità veicolare.

Ragazze e ragazzi, dunque, allegri, apparentemente sereni e impegnati a prepararsi al lavoro di domani, consapevoli che saranno giudicati per quello che sapranno fare, e senza sconti da parte di nessuno. E' l' impressione che si riporta anche avvicinando la gioventù delle grandi città cinesi continentali. Poiché questa situazione non appare  condivisa altrove nel mondo, da gran parte della gioventù contemporanea, essa suscita nell' osservatore una chiara simpatia. C' è anzi forse da prevedere che gran parte del mondo globalizzato di domani sarà influenzato da questi stili di vita.

Concludere che il modello confuciano sia vincente nella corsa generale alla globalizzazione e allo sviluppo è forse prematuro, perchè troppe incognite sono senza risposta. Per esempio è ancora da chiarire se le risorse in energia e materie prime saranno sufficienti, ai Cinesi, per sostenere il loro sviluppo. Inoltre, molto dipenderà dalla risposta che alle sfide asiatiche orientali verranno date dagli altri continenti. Tuttavia sembra fuori dubbio che la voglia di vincere e la capacità di sacrificarsi delle popolazioni cinesi, per realizzare quella vittoria economica (e insieme anche culturale e politica), sembra molto forte. I prossimi decenni, nel mondo, potrebbero essere forse dominati da un Impero Cinese ?

© Copyright Giacomo Corna Pellegrini , 2008
© Copyright Scripta Nova, 2008

Referencia bibliográfica

CORNA PELLEGRINI, Giacomo. La grande e la piccola Cina nell' ultimo decenio. Scripta Nova. Revista Electrónica de Geografía y Ciencias Sociales.  Barcelona: Universidad de Barcelona, 1 de agosto de 2008, vol. XII, núm. 270 (19). <http://www.ub.es/geocrit/sn/sn-270/sn-270-19.htm> [ISSN: 1138-9788]


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