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Scripta Nova
REVISTA ELECTRÓNICA DE GEOGRAFÍA Y CIENCIAS SOCIALES
Universidad de Barcelona. ISSN: 1138-9788. Depósito Legal: B. 21.741-98
Vol. VI, núm. 119 (22), 1 de agosto de 2002

EL TRABAJO

Número extraordinario dedicado al IV Coloquio Internacional de Geocrítica (Actas del Coloquio)

LA FEMMINILIZZAZIONE DEL LAVORO

Aline Laner
Universitá degli Studi di Bologna


La femminilizzazione del lavoro (Riassunto)

L'entrata massiccia delle donne nel mercato del lavoro, l'introduzione delle nuove tecnologie e la crescita del settore terziario hanno cambiato il volto del lavoro. Nonostante tutte queste trasformazioni, ci chiediamo come si svolge il rapporto di genere nell'ambito del lavoro domestico.

L'analisi del lavoro femminile avrà come punto di partenza: dati ufficiali, fonti di stampa, testi classici e testi recenti.

In questo senso si sviluppa una discussione in torno alla divisione del lavoro considerando le sue cause e conseguenze, all'avvento della modernità e ai molteplice ruoli svolti dalle donne.

Parole chiavi: Lavoro, donne, pari opportunità


The feminization of work (Abstract)

The total accession of women in the labour market, the introduction of new technology, the development of third sector: they are transforming the face of work. Although all these transformations, we wonder how the relationship of gender is changing in domestic work.

This paper aspires to analyze women's work nowadays, starting from recent official data and also press resources, classic texts and recent texts.

Therefore we present an analysis of work division, considering its causes and consequences, of the issues in the work environment, of the emergence of modern age and of the several roles played by women.

Key words: Work, women, equal opportunities


Fra le attuali preoccupazioni delle donne possiamo affermare che il mondo del lavoro occupa ogni volta più importanza, e non potrebbe essere diversamente giacché tutti i progetti di emancipazioni passano attraverso l'indipendenza economica1. Riguardo l'argomento occupazione femminile e pari opportunità l'OIL (Organizzazione Internazionale del Lavoro) sottolinea che nonostante le trasformazioni causate dall'ingresso delle donne nel mercato del lavoro,

la nuova realtà lavorativa ha reso possibile soltanto ad alcune donne, una maggior opportunità. La maggior parte delle donne invece, sono rimaste vittime dei cambiamenti del lavoro, si trovano costrette a lavori precari e di basso livello retributivo, molte volte non tutelate dalle reti di protezione sociale. In questo quadro si rilevano alcuni dati2:

- la partecipazione femminile è del 54 per cento, contro l'80 per cento degli uomini;
- il 70 per cento dei più poveri nel mondo sono donne;
- le donne guadagnano il 20-30 per cento meno degli uomini.

Questi dati dimostrano che tuttora l'occupazione femminile è inferiore a quella maschile; che la povertà femminile è in crescita3; che in media nelle stesse posizioni professionali, le donne guadagnano meno degli uomini. A tutto ciò, va ancora aggiunto il dato che nei movimenti migratori, le donne sono tra le più vulnerabili e soggette ad abusi. Questa situazione ci permette costatare che per le donne, c'è ancora molta strada da fare verso le pari opportunità.
 

L'ascensione del lavoro nella scala dei valori sociali

Secondo Hanna Arendt4, il fatto che l'età moderna abbia liberato dallo spazio privato e pressapoco nello stesso momento storico, tanto le classi lavoratrici quanto le donne deve certamente significare che essa non crede più che le funzioni corporee e le attività materiali debbano essere nascoste. L'autore collega l'emancipazione delle classi lavoratrici a quella delle donne perché prima della "ribellione contro la società" che significò l'inizio dell'età moderna, tanto i lavoratori quanto le donne furono segregati per lo stesso motivo: la parte corporea dell'esistenza umana doveva essere rinchiusa nella sfera privata, ovvero, tutte le cose connesse alle necessità del processo vitale. In questa situazione i lavoratori erano segregati perché con i loro corpi sostenevano alle necessità corporee della vita, e le donne perché sempre con i loro corpi garantivano la sopravvivenza fisica della specie.

Per capire meglio come la società ha cambiato la sua valutazione sul lavoro ed anche sulle donne, ci riporteremo velocemente alle origini della società di massa e ai concetti di pubblico e privato. La società di massa si sviluppò nello stesso tempo in cui le famiglie numerose tipiche dell'ambiente rurale andarono in declino con l'affermarsi della società industriale, questo fatto dimostra l'assorbimento dell'unità familiare in gruppi sociali, successivamente l'insieme di questi gruppi sociali fu assorbito in un'unica società, creando così la società di massa.

Già almeno dall'avvento dell'antica "città Stato" greca la distinzione tra una sfera di vita privata e una pubblica corrispondeva all'opposizione tra dimensione domestica e dimensione politica. Una delle caratteristiche della vita privata prima della scoperta dell'interiorità umana era che l'uomo esisteva in questa sfera non come un vero essere umano, ma solo come un caso della specie animale del genere umano.

Una grande indicazione sul fatto che la società costituisce l'organizzazione pubblica dello stesso processo vitale, può essere osservata nel fatto che in un tempo relativamente breve il nuovo dominio sociale ha trasformato tutte le comunità moderne in società di lavoratori e di salariati; detto in un altro modo, esse si sono concentrate intorno all'unica attività necessaria a sostenere la vita.

Alberto Guerreiro Ramos5 aggiunge che soltanto nella società centrata sul mercato è stato possibile per la prima volta nella storia dell'umanità che i posti di lavoro salissero ad una categoria dominante e praticamente esclusiva per il riconoscimento dei valori umani. Come conseguenza di ciò nella nostra società, non avere un impiego significa non avere nessun valore.

Il passaggio dell'attività lavorativa dal mondo privato a quello pubblico significò il suo inserimento nella sfera sociale ed il suo adeguamento all'organizzazione del lavoro. Questo fatto propiziò un'eccellenza nelle attività lavorative mai vista prima. Precisamente fu il sottoporsi delle attività lavorative alle condizione della sfera pubblica che fece nascere la divisione del lavoro.

Così la divisione del lavoro ha reso possibile, come spiega Arendt6, diventare eccellenti nel lavoro che compiamo in pubblico mentre la nostra capacità di azione e di discorso è molto decaduta, da quando l'avvento della sfera sociale l'ha relegata alla dimensione dell'intimità e della vita privata. Se l'importante è il lavoro che è una cosa d'interesse pubblico, di conseguenza tutto ciò che è meno importante perché non interessa a nessun altro, diviene automaticamente una faccenda privata. Il fatto che differisce la sfera pubblica da quella privata è in sostanza la distinzione tra le cose che dovrebbero essere mostrate e le cose che dovrebbero essere tenute nascoste. Da questa riflessione possiamo trarre un'ipotesi che spieghi come mai il lavoro domestico è poco valorizzato e riconosciuto: perché esso rimane tuttora un compito privato, quindi poco importante.
 

La femminilizzazione del lavoro

Secondo l'ISTAT (Istituto Nazionale di Statistica), le ultime tendenze dell'economia italiana hanno agevolato l'aumento della partecipazione femminile al mercato del lavoro non solo come dipendenti, ma anche con iniziative imprenditoriali. Queste nuove tendenze significano in sostanza che si è avviati verso la progressiva terziarizzazione e verso una maggiore articolazione dei contratti e degli orari di lavoro. Si osserva quindi che le donne stanno approfittando delle opportunità provenienti da una domanda di lavoro più flessibile che corrisponde meglio alle loro esigenze; in aggiunta, si propongono sempre più numerosamente in posizioni di maggiore e diretta responsabilità: libere professioniste, imprenditrici e altre qualifiche elevate.

Anche leggendo i giornali o ascoltando i notiziari della TV si può osservare un avanzamento progressivo della società occidentale verso l'uguaglianza dei sessi nel lavoro; in Italia, ad esempio, da poco l'Arma dei Carabinieri ha aperto la possibilità d'ingresso anche al sesso femminile7. Sono notizie piene d'entusiasmo ed ottimismo ma non atteniamoci solo a queste conquiste8. Facciamo un bilancio più ampio sulla condizione della donna lavoratrice.

L'entrata massiccia delle donne nel mercato del lavoro9, l'introduzione delle nuove tecnologie, la crescita del settore terziario hanno cambiato il volto del lavoro. Viviamo ormai la mondializzazione dei mercati, si parla della fine della divisione del lavoro, del post-fordismo, della flessibilità del lavoro, del telelavoro, del lavoro virtuale e perfino del fine del lavoro10. Nonostante tutte queste trasformazioni, la maggior parte del lavoro femminile continua fortemente ristretto all'esecuzione di mansioni tradizionali, in cui le donne fanno la segretaria, l'infermiera, la cassiera, la telefonista, la maestra, la commessa, ecc.

La spiegazione più comune al fenomeno della concentrazione del lavoro femminile in certe aree11 è molto influenzata dalle teorie economiche del capitale umano (da Mincer nel 1958 ad oggi) che spiegano la disuguaglianza fra donne e uomini sul lavoro come la conseguenza di diseguali investimenti in istruzione e qualificazione. In questo senso, l'insufficiente formazione delle donne12 non permetterebbe loro di occupare ruoli diversi. Questa spiegazione però non esaurisce la discussione poi anche quando le donne possiedono una formazione condicevole con il ruolo in questione, loro vengono assegnate a posti di lavoro che non richiedono tutte le qualifiche acquisite durante la formazione: lavori più elementari e più ripetitivi quindi sono escluse da certi compiti più qualificati, assegnati preferenzalmente agli uomini. Tale esclusione dai compiti più interessanti a volte si accompagna all'obbligo di effettuare lavori che non hanno niente a che fare col mestiere e che costituiscono un graduale spostamento verso attività considerate femminili, come rispondere al telefono, ricevere clienti, catalogare le cose, e via dicendo.

La segregazione13 del ruolo delle donne nell'organizzazione del lavoro può portare ad una svalorizzazione dei posti che occupano14. Non stimola di conseguenza le donne ad avere una migliore qualificazione.

Però questo quadro di segregazione comincia ad essere lentamente cambiato a causa del lavoro, che attualmente richiede sempre meno forza muscolare e sempre più competenze relazionali. Questi due fattori strutturali sommati ad altri due, che sono l'affetto e la partecipazione, consentono ogni volta più spazio e varietà al lavoro delle donne.

Ciò nonostante le donne continuano ad essere penalizzate a causa delle retribuzioni più basse che percepiscono a parità di categoria professionale. D'altronde se per loro oggi è più facile trovare un posto di lavoro è molto più difficile la progressione di carriera15, la quale rappresenta la vera forma di segregazione, che ancora pone le donne in uno stato di discriminazione evidente16.

In questo modo nell'ambito del lavoro possiamo delimitare due tipi di discriminazioni17: un modo immediato che s'identifica in un trattamento diverso in termini di livello o di salario; e un altro modo più indiretto, che chiama in causa più processi che portano ad una situazione apparentemente neutra come i meccanismi del mercato dell'impiego.

Nell'opinione di Nancy Chodorow18, la divisione del lavoro che attribuisce la maternità (intesa come la responsabilità della cura e dell'educazione dei figli) esclusiva alle donne è la principale causa della loro inferiorità economica, politica e sociale. Quest'idea è confermata dalla testimonianza dei datori di lavoro che dichiarano di preferire assumere gli uomini, perché le donne devono astenersi dal lavoro con maggiore frequenza e sono meno disponibile di sera, giacché devono stare con la famiglia. Questo fatto dimostra in modo chiaro che le donne sono penalizzate per essere considerate dai datori di lavoro come le uniche responsabile per la produzione domestica non commerciabile. In questo contesto, si verifica tuttora il mancato riconoscimento del ruolo sociale della maternità.
 

Considerazioni sul lavoro domestico

Sebbene l'ampliamento della partecipazione delle donne al mercato del lavoro non abbia cambiato contemporaneamente la distribuzione dei compiti familiari né l'approccio culturale ai ruoli di genere, il lavoro domestico rimane tuttora maggiormente attribuito alla loro responsabilità19, indipendentemente dalla presenza di un'occupazione extra-domestica, non importando quanto essa esiga in termini d'impegno psico-fisico e di tempo. Le donne che esercitano contemporaneamente i ruoli di "casalinga-moglie-madre" accumulano un notevole ammontare di lavoro giornaliero. Secondo dati ISTAT, il 56 per cento delle donne occupate in coppia con figli è impegnato per 60 ore o più a settimana, rispetto al 15 per cento dei partner; il 38 per cento 70 ore o più. Tra le donne con ruoli multipli, il 65 per cento delle lavoratrici in proprio è impegnato almeno 60 ore a settimana; fra le operaie la percentuale è del 60 per cento, fra le imprenditrici, libere professioniste e dirigenti del 55 per cento e infine, fra le qualifiche direttive, i quadri e le impiegate la percentuale è del 50 per cento20.

Perciò esiste un'asimmetria nella distribuzione del lavoro domestico e della cura dei figli, benché tra le nuove generazioni si osservi un inizio di cambiamento; ad esempio gli uomini cominciano ad integrare e perfino rivendicare una maggiore partecipazione nell'educazione dei loro figli21.

Il triplo ruolo di "casalinga-moglie-madre" spinge le donne ad introdurre una nuova concezione dell'organizzazione del lavoro e degli orari; al medesimo tempo, esse pongono la loro controparte maschile sulla via di un nuovo uso degli spazi e dei tempi sociali. La loro esigenza di una migliore gestione degli spazi professionali e privati, associata alla rivendicazione del diritto di lavorare in un altro modo, di far riconoscere le loro competenze senza doversi identificare con un modello maschile, porta le donne a trasformare le regole del gioco organizzativo e sociale. Sotto la loro influenza emergono nuove identità, nuove forme d'impiego, nuovi rapporti in grado di rinnovare profondamente il contesto lavorativo.

Possiamo concludere che l'importanza assunta dal lavoro nella vita delle donne si accompagna al permanere di difficoltà nel conciliare ruoli esterni ed interni alla famiglia. Le donne si presentano come protagoniste del cambiamento, autrici delle proprie vite; ma non possono essere sole a premere per la costruzione di migliori equilibri. Giacché i cambiamenti culturali sono lenti, le politiche del lavoro e della famiglia rimangono ancora insufficienti, deve essere l'intera comunità ad impegnarsi nella riduzione delle disuguaglianze. A questo fine la migliore maniera per vincere le sproporzionati differenze fra i sessi nel lavoro è non sperare solo che l'organizzazione da sola smetta di attribuire i posti di lavoro secondo il sesso e che riconosca la reciprocità necessaria fra le dimensione pubbliche e private della vita degli individui. È fare si, invece, che tutta la società tenga presente dei bisogni di riproduzione dell'umanità e della vita domestica e specialmente che la struttura lavorativa attuale non risponde ai bisogni di nessun individuo, sia esso uomo o donna.

Oggigiorno, con lo smantellamento delle barriere che servivano a tenere distinte occupazioni, identità professionali e competenze sociali, con la possibilità per le donne di fornire in via formale contributi di risposta alla qualità del lavoro che derivano soltanto dalla loro sensibilità, e ancora con la realtà che spinge gli uomini a ripensare criticamente al loro ruolo accettando la sfida della competizione imposta loro dall'altro sesso, raggiungiamo di conseguenza un campo fertile per la crescita di un nuovo modello: quello delle "sinergie tra i generi", che si contrappone al modello anaffettivo da molto tempo condannato a scomparire.
 

Note
 

1 Vedi Perez, 2001, p. 51.

2 Vedi http://www.ilo.org/public/italian/region/eurpro/rome/employment/occup_fem.htm

3 Vedi Castro, 2001, p. 91-92.

4 Vedi Arendt, 1999, p. 52-53.

5 Vedi Guerreiro Ramos, 1981, p. 100-101.

6 Vedi Arendt, H. 1999, p.36.

7 Riporteremo in seguito altri due esempi divulgati dalla stampa italiana. Il primo è apparso nel supplemento "Io Donna" del Corriere della Sera che ha pubblicato un articolo sulle donne rabbino, raccontando che malgrado gli ebrei ortodossi continuino a pregare tutte le mattine ringraziando Dio per non essere nati donne, in Gran Bretagna e negli Stati Uniti le donne ebree hanno una nuova possibilità di scelta professionale: quella di esercitare le funzioni di rabbino. Il secondo giornale Il Gazzettino in un altro interessante articolo sulle donne nelle Forze Armate francesi, il quale oggi rappresenta, con circa 28 mila donne di cui il 34 per cento inserite nei servizi attinenti alla sanità il settore più femminilizzato. Dopo la rimozione pochi mesi fa del divieto alle donne di pilotare gli aerei dell'Aereonavale, anche la Legione Straniera e il corpo dei fucilieri della Marina hanno aperto le porte alle donne. Possiamo osservare in questa notizia che benché l'aumento delle possibilità di lavoro femminile all'interno della Difesa francese rappresenti un progresso, le donne continuino a prevalere nei settori di lavoro tipicamente femminile come è quello della sanità. (Il Corriere della Sera, 16/09/00, p. 64- 68; Il Gazzettino, 13/10/00, p. 15).

8 Alcuni autori chiamano l'attenzione per il fatto che l'aumento della partecipazione delle donne nel mercato del lavoro non rappresenta soltanto una loro conquista, poiché questo fatto è molte volte legato all'impoverimento della famiglia dei lavoratori. Vedi Castro, 2001.

9 In questo senso ha contributo: "La separazione della sessualità dall'ordine della procreazione e il miglioramento delle condizioni materiali di vita, che ha permesso un miglioramento della salute delle donne, hanno liberato la donna dall'asservimento esclusivo a tale attività. Il movimento femminista (inteso in senso lato) ha fatto il resto, dando dignità culturale e politica all'universo femminile(…)". (Zatti, 1997, p. 240).

10 Vedi Rifkin, 1997.

11 In quest'ambito Renato Fontana sottolinea che: "Nella prima metà del '900 c'era una relazione significativa tra la femminilizzazione di alcuni mestieri e un aumento della segregazione. (…)Negli ultimi trent'anni del secolo, invece, la femmilizzazione riguarda più propriamente la struttura del mercato nel suo insieme, e riguarda anche il lavoro stesso con i suoi nuovi requisiti(…)". (Fontana, 2000,p. 135).

12 Però questa realtà non è sempre la regola, ad esempio: "La lotta delle donne in Italia inizia nelle scuole e poi nel mondo del lavoro. Disponendo di livelli di istruzione quasi sempre più alti di quelli degli uomini, esse cercano e trovano una qualità sorprendente di lavori istituzionali per il mercato mandando in frantumi un equilibrio storico-culturale che era appannaggio di uno soltanto dei due sessi. In più: le azioni delle donne sono protese a scardinare il sex typing delle professioni, per entrare in quelle occupazioni che fino ai giorni nostri erano quasi di esclusivo predominio degli uomini. Si pensi alle donne magistrato, a quelle impegnate nelle forze di polizia, e così via." (Idem, p. 134-135).

13 "La peculiarità della posizione femminile sul mercato del lavoro ha meno intuitivamente, anche effetti sulla cittadinanza politica: la concezione delle donne nei lavori-cottimo di basso profilo, in cui cioè il fare politica non costituisca un vantaggio in termini di relazioni pubbliche e di notorietà come accade invece nelle libere professioni in cui è scarsa la presenza femminile, costituisce un pesante fardello in sé ed è pure un handicap per l'attività politica." (Zincone, 1992, p. 193).

14 Seguendo questo ragionamento anche il lavoro a tempo parziale nonostante i vantaggi che le donne possono trarre di esso, può contribuire alla chiusura del mercato del lavoro, ed accentuare la divisione del lavoro tra maschi e femmine bloccando le donne negli impieghi sprovvisti di qualsiasi prospettiva.

15 Secondo Moss Kanter quando la carriera si basa sulle "strategie di cooptazione" o sulle "affinità elettive", la sottile linea di demarcazione che porta alla discriminazione passa fra altre strade attraverso quella di genere. (Moss Kanter, 1988).

16 Vedi David, 1994.

17 In termini di discriminazione, purtroppo, "tutto il mondo è paese". A questo proposito prendiamo l'esempio proposto da Angelo Soares; in visita ad una fabbrica nel Messico egli chiese al responsabile della produzione quello che domanda in tutti i luoghi di lavoro che visitava: "Perché in questa sezione lavorano solo donne ?" la risposta è sempre stata la stessa, senza differenze e distinzioni a seconda del Paese nel quale ci si trovi: "Perché le donne sono più minuziose, pazienti, delicate e docili." Questo piccolo episodio dimostra che il datore di lavoro riconosce delle caratteristiche specifiche alle donne e che considera queste caratteristiche come parte di una "natura" tipicamente femminile. (Soares, 1997).

18 Vedi Chodorow, 1978.

19 Come abbiamo visto prima: "(…)gli effetti indotti dalla de-segregazione occupazionale e dai nuovi modi di lavorare, combinati insieme, portano al riconoscimento della cittadinanza delle donne, che potrà ritenersi compiuta soltanto a patto che vengano eliminate le distanze che le separano dagli uomini dentro e fuori il nucleo familiare." (Fontana, 2000, p. 135).

20 Vedi Zuliani, 2000.

21 Platone già a suo tempo, sosteneva a riguardo dell'educazione dei guardiani l'uguaglianza fra i sessi tanto a livello d'istruzione come di lavoro. Queste sue idee possono essere verificate nel libro quinto della Repubblica: "Se dunque impiegheremo le donne per gli identici scopi per i quali impieghiamo gli uomini, identica dev'essere l'istruzione che diamo loro". E una volta quando scrisse: "(…)anche per il sesso femminile, se risultano differenti per una data arte o altra occupazione, diremo che questa arte od occupazione va assegnata o all'uno o all'altro sesso. Ma se risulta che la loro differenza è data soltanto dal fatto che la femmina partorisce e il maschio copre, diremo che non c'è alcuna ragione di concludere che, relativamente al nostro argomento, la donna differisca dall'uomo; ma continueremo a credere che i nostri guardiani e le loro donne debbono attendere alle stesse occupazioni". Sull'argomento delle pari opportunità le idee di Platone sulla formazione dei guardiani sono ancora del tutto pertinenti; lui riteneva inoltre che per lo sviluppo intellettuale delle donne guardiane fosse indispensabile che qualcun altro si occupasse delle funzioni della casa e della cura dei bambini. Questa è una rivendicazione che finora la società non è riuscita a colmare adeguatamente. Poiché è giustamente la mancanza di strutture di appoggio ai ruoli di "casalinga-moglie-madre" che causano alle donne la preoccupazione e addirittura l'angoscia di conciliare le differenti sfere della vita, professionale e domestica. Vedi a proposito (Platone, 1999, p. 452a e 454e).
 

Bibliografia
 

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© Copyright Aline Laner, 2002
© Copyright Scripta Nova, 2002
 

Ficha bibliográfica

LANER, A. La femminilizzazione del lavoro.  Scripta Nova, Revista Electrónica de Geografía y Ciencias Sociales, Universidad de Barcelona, vol. VI, nº 119 (22), 2002. [ISSN: 1138-9788]  http://www.ub.es/geocrit/sn/sn119-22.htm


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